I vescovi difendono il Sud: «La politica
lo usa per i voti e trascura il suo sviluppo»
«Mafia, cancro che avvelena Meridione», il quale rischia di essere «tagliato fuori» da ridistribuzione delle risorse
Nel documento su Chiesa e Mezzogiorno: «Negli ultimi 20 anni la mafia ha messo radici»
CITTÀ DEL VATICANO - Nell'attuale crisi politica e sociale, il Sud dell'Italia rischia di essere «tagliato fuori» dalla ridistribuzione delle risorse, e ridotto a un «collettore di voti per disegni politici ed economici estranei al suo sviluppo»: è quanto denunciano i vescovi italiani in un nuovo documento su Chiesa e Mezzogiorno. La Cei (Conferenza episcopale italiana) denuncia con forza che «negli ultimi vent'anni le organizzazioni mafiose hanno messo radici in tutto il territorio italiano, hanno sviluppato attività economiche, mutuando tecniche e metodi del capitalismo più avanzato, mantenendo al contempo ben collaudate forme arcaiche e violente di controllo sul territorio e sulla società».
ATTIVITÀ ILLECITE - Nel documento i vescovi italiani stigmatizzano la presenza della malavita organizzata al Sud, ma anche le più diffuse forme di corruzione e illecito, che - scrivono - arrecano «un grave pregiudizio allo sviluppo economico, sociale e culturale» al Sud Italia. «L’economia illegale - scrivono i vescovi nel documento Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno - non si identifica totalmente con il fenomeno mafioso, essendo purtroppo diffuse attività illecite non sempre collegate alle organizzazioni criminali (usura, estorsione, evasione fiscale, lavoro nero...). Ciò - proseguono i vescovi - rivela una carenza di senso civico, che compromette sia la qualità della convivenza sociale sia quella della vita politica e istituzionale, arrecando un grave pregiudizio allo sviluppo economico, sociale e culturale». Il «controllo malavitoso del territorio», prosegue la Cei, «porta a una forte limitazione, se non addirittura all’esautoramento dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici, favorendo l’incremento di corruzione, collusione e concussione, alterando il mercato del lavoro, manipolando gli appalti, interferendo nelle scelte urbanistiche e nel sistema delle autorizzazioni e concessioni, contaminando così l’intero territorio nazionale».
MAFIA=CANCRO - Nel documento la Cei riafferma, come fece già nel 1989, che la «mafia è un vero e proprio "cancro", una tessitura malefica che avvolge e schiavizza la dignità della persona, avvelena la vita sociale, perverte la mente e il cuore di tanti giovani, soffoca l'economia, deforma il volto autentico del Sud».
FEDERALISMO - I vescovi parlano anche di federalismo e ammoniscono che «la prospettiva di riarticolare l'assetto del Paese in senso federale costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo accentuasse la distanza tra le diverse parti d'Italia. Potrebbe invece rappresentare un passo verso una democrazia sostanziale, se riuscisse a contemperare il riconoscimento al merito di chi opera con dedizione e correttezza all'interno di un "gioco di squadra"».
IMMIGRAZIONE - Il documento tocca anche lo scottante tema dell'immigrazione. Servono «urgenti nuove forme di solidarietà» per fronteggiare il massiccio sbarco di immigrati nel Sud, chiedono i vescovi. «La massiccia immigrazione dall'Europa dell'Est, dall'Africa e dall'Asia ha reso urgenti nuove forme di solidarietà. Molto spesso proprio il Sud è il primo approdo della speranza per migliaia di immigrati e costituisce il laboratorio ecclesiale in cui si tenta, dopo aver assicurato accoglienza, soccorso e ospitalità, un discernimento cristiano, un percorso di giustizia e promozione umana e un incontro con le religioni professate dagli immigrati».
giovedì 25 febbraio 2010
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