venerdì 21 maggio 2010
venerdì 14 maggio 2010
Cibo da buongustai: la soppressata calabrese
La soppressata è uno dei più famosi salumi calabresi. Viene fatta con carne di suino locale cresciuto con una alimentazione sana. Viene prodotta in due varianti: dolce e piccante. Tra i salumi tipici calabresi ad avere ottenuto il marchio Dop, la soppressata è certamente il vanto per eccellenza che esalta tutte le qualità dei calabresi nel trasformare e migliorare anche prodotti alimentari poveri come i derivati suini. La Soppressata di Calabria viene prodotta con le parti migliori e magre del maiale, i lombi, con cui al nord si producono i prosciutti, mescolati con alcuni pezzi di grasso di maiale e l'aggiunta di ingredienti aromatici naturali come il pepe nero in grani e pepe rosso in polvere.
Nella preparazione della soppressata calabrese, la carne viene tagliata in piccoli pezzi manualmente, salata, pepata omescolata con peperoncino o salsa di peperoni cotti a bagno-maria. Si mescola il tutto con le mani lasciando riposare una intera notte prima di insaccarla nel budello naturale, avendo cura di massaggiare bene per evitare ristagni di aria. Le soppressate si legano poi con lo spago, si bucano qua e là con uno spillo per far uscire l'aria residua e si mettono in ceste di vimini con dei pesi sopra per qualche giorno. Stagionano per oltre sei mesi e dopo questo tempo, se non vengono consumati, si mettono sotto grasso per conservarle. In alcune zone della Calabria, sul Massiccio del Reventino, ai lombi del maiale si aggiungono pezzi lunghi di grasso e salsa di peperoni, il prodotto finale risulta quindi molto grasso e oleoso.
La soppressata calabrese, che ha ottenuto dall'UE il marchio Dop, si prepara con carni di suini allevati in Calabria, ha una forma cilindrica leggermente schiacciata, una lunghezza dicirca 15 cm e diametro lungo che varia tra 6 e 8 cm. Al taglio la soppressata appare compatta, più o meno morbida a seconda della stagionatura, di colore rosso naturale o vivace dovuto all'uso del peperoncino, del pepe nero in grani. E' un ottimo salume particolarmente saporito, adatto ad essere degustato negli antipasti locali insieme agli altri salumi e formaggi calabresi con un bicchiere di buon vino rosso di Calabria.
Nella preparazione della soppressata calabrese, la carne viene tagliata in piccoli pezzi manualmente, salata, pepata omescolata con peperoncino o salsa di peperoni cotti a bagno-maria. Si mescola il tutto con le mani lasciando riposare una intera notte prima di insaccarla nel budello naturale, avendo cura di massaggiare bene per evitare ristagni di aria. Le soppressate si legano poi con lo spago, si bucano qua e là con uno spillo per far uscire l'aria residua e si mettono in ceste di vimini con dei pesi sopra per qualche giorno. Stagionano per oltre sei mesi e dopo questo tempo, se non vengono consumati, si mettono sotto grasso per conservarle. In alcune zone della Calabria, sul Massiccio del Reventino, ai lombi del maiale si aggiungono pezzi lunghi di grasso e salsa di peperoni, il prodotto finale risulta quindi molto grasso e oleoso.
La soppressata calabrese, che ha ottenuto dall'UE il marchio Dop, si prepara con carni di suini allevati in Calabria, ha una forma cilindrica leggermente schiacciata, una lunghezza dicirca 15 cm e diametro lungo che varia tra 6 e 8 cm. Al taglio la soppressata appare compatta, più o meno morbida a seconda della stagionatura, di colore rosso naturale o vivace dovuto all'uso del peperoncino, del pepe nero in grani. E' un ottimo salume particolarmente saporito, adatto ad essere degustato negli antipasti locali insieme agli altri salumi e formaggi calabresi con un bicchiere di buon vino rosso di Calabria.
sabato 8 maggio 2010
Etnie di Calabria: la comunità albanese (arbereshe)
La Calabria è stata ed è ancora terra di grande ospitalità.
Nel corso della storia non è stata solo terra di emigrazione ma ha rappresentato terra d’accoglienza per comunità e popolazioni che, altrove perseguitate, hanno cercato rifugio in questa regione.
Albanesi e Occitani sono solo un esempio di comunità che, per sfuggire a persecuzioni nelle proprie zone di residenza, hanno cercato scampo in Calabria.
L'insediamento di popolazioni di lingua e cultura albanese in Calabria risale ormai a molti secoli fa. Secondo studi storici consolidati il primo trasferimento risale al secolo XV, quando Alfonso I d'Aragona ricorse ai servizi di Demetrio Reres, nobile condottiero albanese, che portò con sé un folto seguito di uomini. La ricompensa per i suoi servigi consistette nella donazione, nel 1448, di alcuni territori in Calabria.Gli arbereshe, ovvero gli albanesi italiani, si sono insediati in particolare nel Sud fra i secoli XV e XVIII e ancora oggi, a distanza di tutto questo tempo, queste popolazioni hanno mantenuto la loro lingua e le loro tradizioni. La Calabria è stata la regione italiana che più di tutte è stata protagonista dell'emigrazione albanese, specie a partire dalla fine del'400, infatti, la nostra è la regione che conta il maggior numero di presenza arbereshe, pari a circa 30mila persone. E particolare attenzione, infatti, è riservata dalla Calabria alle etnie arbereshe, ad esempio, l'Università della Calabria ha istituito nel 1975 una sezione di “albanologia” grazie al professore Francesco Solano, oggi diretta dal docente Francesco Altimari. L'attenzione calabrese nei confronti di questa cultura d'origine balcanica è testimoniata dalle diverse associazioni che conservano e valorizzano questa cultura, in particolare nelle provincie di Cosenza e Crotone. La Lingua arbereshe, ad esempio, è parlata in alcune stazioni radiofoniche private, riviste ed emittenti televisive locali. La minoranza arbereshe è stata legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano, con la Legge Quadro 482/99.
Nel corso della storia non è stata solo terra di emigrazione ma ha rappresentato terra d’accoglienza per comunità e popolazioni che, altrove perseguitate, hanno cercato rifugio in questa regione.
Albanesi e Occitani sono solo un esempio di comunità che, per sfuggire a persecuzioni nelle proprie zone di residenza, hanno cercato scampo in Calabria.
L'insediamento di popolazioni di lingua e cultura albanese in Calabria risale ormai a molti secoli fa. Secondo studi storici consolidati il primo trasferimento risale al secolo XV, quando Alfonso I d'Aragona ricorse ai servizi di Demetrio Reres, nobile condottiero albanese, che portò con sé un folto seguito di uomini. La ricompensa per i suoi servigi consistette nella donazione, nel 1448, di alcuni territori in Calabria.Gli arbereshe, ovvero gli albanesi italiani, si sono insediati in particolare nel Sud fra i secoli XV e XVIII e ancora oggi, a distanza di tutto questo tempo, queste popolazioni hanno mantenuto la loro lingua e le loro tradizioni. La Calabria è stata la regione italiana che più di tutte è stata protagonista dell'emigrazione albanese, specie a partire dalla fine del'400, infatti, la nostra è la regione che conta il maggior numero di presenza arbereshe, pari a circa 30mila persone. E particolare attenzione, infatti, è riservata dalla Calabria alle etnie arbereshe, ad esempio, l'Università della Calabria ha istituito nel 1975 una sezione di “albanologia” grazie al professore Francesco Solano, oggi diretta dal docente Francesco Altimari. L'attenzione calabrese nei confronti di questa cultura d'origine balcanica è testimoniata dalle diverse associazioni che conservano e valorizzano questa cultura, in particolare nelle provincie di Cosenza e Crotone. La Lingua arbereshe, ad esempio, è parlata in alcune stazioni radiofoniche private, riviste ed emittenti televisive locali. La minoranza arbereshe è stata legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano, con la Legge Quadro 482/99.
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